Ferimento o morte di un animale d’affezione: danno morale si o no?
Il legame affettivo tra uomo e animali d’affezione o di compagnia è sempre più riconosciuto e condiviso nella società. Ma cosa succede quando questo legame viene bruscamente interrotto a causa di un incidente o di un altro fatto illecito? È possibile ottenere un risarcimento per il danno non patrimoniale subìto a seguito del ferimento o della perdita del proprio animale? Innegabile che l’ordinamento italiano non riconosce all’animale, sia questo animale da compagnia o animale tenuto a scopo essenzialmente di lucro, la natura di soggetto di diritto. Tanto è vero che, per esempio, può essere oggetto di compravendita. Un’impostazione non più al passo con i tempi e con l’evoluzione del sentire comune ed anche della legislazione internazionale. La “Dichiarazione universale dei diritti dell’animale”, firmata a Parigi nel 1987 presso l’Unesco, stabilisce all’art. 1 che “Tutti gli animali nascono uguali davanti alla vita e hanno gli stessi diritti all’esistenza” riconoscendo a questi, seppur implicitamente, uno statuto che necessariamente si differenzia da quello che li considera una “cosa” ,e all’art 6 che « ogni animale che l’uomo ha scelto per compagno ha diritto ad una durata della vita conforme alla sua naturale longevità.» Ancora, nella Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia conclusa a Strasburgo nel 1987 e ratificata dal parlamento italiano con legge 4 Novembre 2010 n. 210, si legge al primo comma dell’art 3 che « Nessuno causerà inutilmente dolori, sofferenze o angosce ad un animale da compagnia.» Ed ancora, il Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea all’art 13 riconosce esplicitamente all’animale la qualifica di “essere senziente” delle cui esigenze l’Unione e gli Stati membri devono necessariamente tener conto. Tizio, il cui cane fu coinvolto in un incidente stradale, ha richiesto il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti. Il Tribunale di Lucca, in appello, ha negato il risarcimento dei danni morali per mancanza di prova, riconoscendo solo il rimborso delle spese veterinarie per il cane, escludendo i danni non patrimoniali per il ferimento dell’animale. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il motivo di impugnazione riguardante il risarcimento del danno non patrimoniale da ferimento dell’animale d’affezione. La decisione è basata su una precedente pronuncia del 2007, che negava il risarcimento sostenendo che la perdita di un animale d’affezione non rientra tra i danni esistenziali risarcibili per la persona umana. (CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE -Sez. Sesta civile (Ordinanza 13 settembre – 23 ottobre 2018, n. 26770) Leggi l’Ordinanza della Cassazione La Corte di Cassazione, con sentenza del 27 Giugno 2007, n. 14846, in Nuova giur. civ. comm.,2008, I, p. 789 ha respinto la richiesta di risarcimento principalmente perché era basata su un danno presunto e presumibile in re ipsa, non dimostrato specificamente. Dunque non ha negato per principio il diritto al risarcimento del danno morale, ma si è soffermata sulla prova del danno, il cui onere incombe su chi agisce in giudizio. Per esempio chi agisce dovrebbe provare che il proprio figlio a causa del trauma subito per la perdita dell’animale ha docuto far ricorso all’aiuto di uno psicologo. La Corte di Cassazione nel 2009 (Cass., Sez. un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974, 26975; Cass. 25 Febbraio 2009, sentenza n. 4493) aveva riconosciuto la risarcibilità del danno non patrimoniale in casi simili, evidenziando che il giudice di pace può disporre risarcimenti anche fuori dai limiti dell’art. 2059 c.c. L’articolo stabilisce che “Il danno non patrimoniale deve essere risarcito solo nei casi determinati dalla legge”. Occorre soltanto, secondo la Cassazione, che il danno sia dimostrato. Molti tribunali hanno riconosciuto la risarcibilità del danno non patrimoniale per la perdita o ferimento di animali d’affezione, richiamandosi a principi costituzionali (art. 2, 32, e 42 Cost.) e alla Convenzione Europea per la protezione degli animali da compagnia. Si riporta in calce la sentenza del Tribunale La Spezia, 31/12/2020, n. 660 “Va pertanto ritenuta la responsabilità della struttura convenuta nella determinazione del decesso del cane, atteso che il procedimento corretto avrebbe previsto approfondimenti diagnostici, che avrebbero portato ad una diagnosi di occlusione intestinale e quindi ad un’operazione di rimozione dei corpi estranei che avrebbe evitato l’evento letale, secondo il criterio del “più probabile che non”. Venendo infine all’esame dei danni non patrimoniali allegati dagli attori, lo scrivente giudice condivide l’orientamento giurisprudenziale di merito che sottolinea come il rapporto tra padrone ed animale da affezione debba essere oggi ritenuto espressione di una relazione che costituisce occasione di completamento e sviluppo della personalità individuale e, quindi, come vero e proprio bene della persona, tutelato dall’art. 2 della Costituzione. Con la conseguenza che, laddove allegato, provato e dotato dei necessari requisiti di gravità, il danno non patrimoniale da perdita o lesione dell’animale d’affezione può e deve essere risarcito (Trib. Torino, 29 ottobre 2012, n. 6296). Sulla scorta degli elementi suindicati, appare equo liquidare il danno non patrimoniale sofferto dalla minore Na. in conseguenza del decesso del cane Os. nell’importo complessivo di Euro 1.000,00, attualizzato alla data odierna.“ La Corte di Cassazione ha confermato un orientamento restrittivo, basato su una visione non aggiornata della normativa e della sensibilità sociale verso gli animali d’affezione. Tuttavia, una parte significativa della giurisprudenza di merito e dottrina sostiene la risarcibilità del danno non patrimoniale (morale), valorizzando il rapporto tra uomo e animale come parte integrante della sfera affettiva e personale, conferendo lo status di diritto meritevole di tutela costituzionale. 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